I edizione in Exibart.com - Ottobre 2013*

*Questo articolo, uscito in forma abbozzata in occasione della proiezione in anteprima del video in esso analizzato,  rappresenta l’estratto di un lavoro più ampio che ho dedicato alla celebre pellicola di Kubrick e che vadrà la luce in una raccolta eterogenea di saggi dedicati alle iconografie del sacro.



II edizione aggiornata, anno 2017


2001: appunti per un’odissea sacrificale #1



Roberto Ago 



Dell'oscurità

Rovistando tra scaffali di librerie e biblioteche e navigando in rete alla ricerca di un'esegesi convincente di quell'enigmatica pellicola che è 2001: Odissea nello Spazio, ho potuto constatare come il significato più autentico del film sia tuttora ignoto non solo ai critici cinematografici, ma anche agli interpreti prestati da orizzonti umanistici altri. Alla gran parte senza dubbio, a tutti non saprei anche se appare difficile da credere, certamente al compianto Stanley Kubrick e a quelli che come lui ancora oggi non mancano di irridere l'ingenuo che si interroghi sul “significato” del film. Ogni attenzione critica è stata dedicata o all'estetica peraltro eccelsa del girato, o a elucubrazioni filosofico-esistenziali circa l'enigma dell’Universo, il primato della tecnica e l'avvenire incerto dell'uomo, lasciando in ombra qualsiasi riflessione in merito a un senso ulteriore del film.



Roberto Ago - Double bind, 2013, Frame da video


La letteratura sulla pellicola è sterminata e non ha molto senso indicare qui il consueto novero di fonti, siano pure esse le più celebri. Basti dire che consultando i principali dizionari cinematografici italiani e anglosassoni e soprattutto le più importanti monografie sull'opera e sul regista, così come digitando una serie di parole chiave sui motori di ricerca, una qualsivoglia lettura esplicativa, organica e completa del film, quale ad esempio è quella qui proposta, appare una chimera. Può darsi, naturalmente, che nel labirinto della letteratura mondiale sulla pellicola si possa reperire, celata in qualche sentiero cartaceo o crocicchio del web, una lettura prossima a quella qui proposta, e che io non sono riuscito a scovare. Se anche fosse, comunque la seguente esegesi alla gran parte del pubblico non potrà che apparire come inedita e sorprendente, un'autentica scoperta perfino, che se dovesse rivelarsi scoperta dell'acqua calda pazienza, perché in quel caso costituirebbe non solo un'appropriazione indebita tutto sommato perdonabile, ma anzi benvenuta, essendo due interpretazioni analoghe aliene tra loro indizio probante di reciproca bontà. 
È opportuno sottolineare, tuttavia, che la presente rappresenta solo una prima, provvisoria e certamente ancora scarna ipotesi interpretativa circa il senso complessivo di questo capolavoro della storia del cinema, in attesa di quegli sviluppi, approfondimenti ed eventuali ripensamenti che in un futuro prossimo venturo non mancherò di fornire.


Roberto Ago - Double bind, 2013, Frame da video

Tutto ebbe inizio una notte di fine agosto in cui mi capitò di rivedere per l’ennesima volta la pellicola, solo, stavolta, con l’ausilio di una lente interpretativa in passato a me ignota: quella dell’antropologia sacrificale di René Girard*. Dapprima fu l'idea, fulminea quanto limpida, di accostare due scene memorabili del film, secondo una prassi iconografica a me familiare. Sentivo come un oscuro legame le identificasse e decisi di fare un video della mia intuizione (Double bind, 2013), di cui potete osservare riprodotti i frame più significativi. Il misterioso chiasmo è costante fotogramma dopo fotogramma, e indubbiamente appare denso di significato. Fu calco occulto pianificato da Kubrick, o lapsus involontario? Difficile stabilirlo. Se è ben noto il vezzo del regista di sfidare lo spettatore a rintracciare precisi sottotesti celati qua e là, altrettanto celebri sono le sue dichiarazioni apodittiche circa l’oscurità della sua pellicola più enigmatica. Pellicola che, nondimeno, è organismo unitario chiuso circolarmente su se stesso in un senso molto più profondo e cogente che nel resto dei suoi film pur densi di significazione circolare. Ovunque si decida di vivisezionare 2001, il tutto si riverbera sulla singola parte e viceversa, qualora certo si abbia ben chiara l'anatomia complessiva. Un'anatomia mostruosa, evidentemente.
È l'antropologia mimetica inaugurata dal genio di René Girard, che del cosiddetto “double bind” (doppio vincolo) si è a lungo occupato, a consentire di fare un po' di luce (anche) su 2001. Che non è affatto quel concentrato di indicibile celebrato dai più sull'esempio di un Kubrick furbamente oscurantista, quanto l'ennesimo racconto mitico occultante una verità inconfessabile e nondimeno intelligibile. Utile alla sua decifrazione si è rivelata, in particolare, una lente girardiana aggiornata messa a punto da Giuseppe Fornari, studioso attento di teoria mimetica, già collaboratore di Girard e guarda caso osservatore puntuale dell'opera del regista**. Per evienti ragioni di spazio, non mi è possibile presentare qui un iter ermeneutico dettagliato e ben argomentato. La presente esegesi, tuttavia, nelle sue direttrici essenziali, risulterà chiara lo stesso e, mi auguro, anche convincente. Semmai, qualche dubbio e difficoltà potrà incontrarli chi sia del tutto all’ocuro del logos girardiano. 



Roberto Ago - Double bind, 2013, Frame da video


Brutti figli di Prometeo

Onore al genio di un grande regista dallo spiccato fiuto mimetico (qui in coppia con lo scrittore/sceneggiatore A. Clarke), e tale attraverso l'intera sua produzione cinematografica, del tutto inconsapevolmente Stanley Kubrick ha confezionato una pellicola che non solo sintetizza, a partire dalle abissali scene iniziali con l'epifania del monolito (“L’alba dell’uomo”), passando per la celeberrima ellissi dell'osso lanciato in aria e che diviene astronave, e finendo con la palingenesi sacrificale del protagonista, una storia dell'umanità fondata su quella vittima sacrificale la cui individuazione costituisce il merito principale di René Girard; ma lo fa secondo quella consuetudine elusiva e mistificante propria del racconto mitico che lo studioso francese per primo ha individuato e denunciato. La pellicola, infatti, mentre si candida a “mito delle origini” contemporaneo, inscena la “tragedia” del rapporto conflittuale tra l'uomo e le divinità che lo governano (tecnoscienza compresa), consentendoci di disvelare l'origine sacrificale della civiltà. Se infatti, eludendo il lungo intermezzo che le divide, accostiamo la scena iniziale dell'epifania del monolito (la divinità arcaica) a quella, successiva, della disattivazione del computer impazzito (la divinità contemporanea), possiamo scorgere analogie significative che denunciano la reale dinamica della genealogia dell'essere umano, qualora naturalmente si dia credito all’ipotesi girardiana. La disattivazione di Hal tradisce la scandalosa verità per la quale non fu certo una qualche intelligenza trascendente ipostatizzata nel monolito a consentire il salto evolutivo dell'uomo, bensì quell'assassinio fondatore della trascendenza che proprio il monolito ispira quale azione prima necessaria a compiere un tale balzo. La causalità appare cioè invertita, peraltro secondo un tipico stratagemma onirico, ma basta “specchiarla” sulla disattivazione di Hal, per ritrovare il senso corretto.



Roberto Ago - Double bind, 2013, Frame da video


La decostruzione innescata dalla sovrapposizione delle due scene fa emergere in primo piano il “double bind” mimetico cui abbiamo accennato, ovvero quel desiderio conflittuale d'identificazione che l'antropologo-letterato Girard assegna, oltre all'uomo in carne e ossa, agli antagonisti mitici e letterari in genere, compresi dunque il monolito e la scimmia prima, l'astronauta Dave e il computer Hal 9000 in seguito. Riconducibili tutti e quattro alle figure archetipiche di un “allievo” e un “modello” in competizione ammirata tra loro, rimandano al tandem primigenio di Dio e Adamo nella Genesi con tutto ciò che ne consegue, così come a molte altre coppie mitiche e tragiche di analogo tenore. Nello specifico nostro, l'invito alla violenza da parte di un monolito-Satana ancora prossimo a Dio rivolto a un ominide-allievo che solerte ubbidirà adombrando la divinità e prendendone il posto, diviene in seguito divieto di esercitare quella stessa violenza sulla nuova incarnazione divina rappresentata dal sopraggiunto “essere umano”, Dave, al quale un mancante Hal in preda a un attacco di hybris vorrebbe sostituirsi. Vittima a sua volta della doppia ingiunzione contraddittoria di boicottare/servire la missione, ovvero il double bind conflittuale dalla prospettiva di un allievo-Pinocchio con ambizioni da Geppetto, rivela anch'esso la sua maschera tragica, al punto che la follia omicida di cui finisce vittima, scatenata dal malfunzionamento di una logica binaria compromessa dall'istruzione ambigua con cui fu programmato, gli procurerà una fine dalle struggenti sembianze umane.



Roberto Ago - Double bind, 2013, Frame da video


L'identità ontologica degli antagonisti tragici di 2001 è così “s-mascherata”, portandosi in primo piano la staffetta sacrificale che ne determina l'avvicendamento. Essa ci consegna il vero “soggetto” del film, che è anche la quintessenza della tragedia e del mito (e della teoria mimetica che di essi si occupa): quella “dialettica prometeica” che contagia l'allievo e il suo modello ora divinizzandoli, ora colpevolizzandoli, sempre contrapponendoli in quanto doppi mostruosi l'uno per l'altro, secondo un moto dinamico generante il progresso umano ovvero gli sviluppi del film. Se, infatti, l'andamento ciclotimico della pellicola può evocare le tante rivoluzioni e ritorni all'ordine della storia, suggerendo una loro prossimità ontologica a quella del tandem rivalitario di allievo e modello, è perché i corsi e ricorsi storici di vichiana memoria sovente sono sanciti dal sacrificio di doppi mostruosi che, pur non essendo mai gli stessi, rispettano sempre il medesimo copione mitico.
La prossima volta vedremo in dettaglio come tale copione struttura l'intero corso di 2001 (continua).



Roberto Ago - Double bind, 2013, Frame da video


* Per chi desiderasse avvicinare il pensiero di René Girard, i titoli principali sono tre: Menzogna romantica e verità romanzesca (1961); La violenza e il sacro (1972); Delle cose nascoste sin dalla fondazione del mondo (1979). In Italia Girard è edito principalmente da Adelphi.
** Data la sua attinenza al nostro tema, farò costante riferimento a un testo in particolare di Fornari, Da Dioniso a Cristo. Conoscenza e sacrificio nel mondo greco e nella civiltà occidentale, Marietti 2006. Sul peso che i temi della violenza sacrificale rivestono nell'intera opera del regista, formulata nel solco della teoria mimetica segnaliamo, sempre di Fornari, l'importante esegesi di un'altra celebre pellicola di Stanley Kubrick, Eyes wide shut, consultabile sia nel volume AA.VV., La violenza allo specchio, a cura di Pierpaolo Antonello, Eleonora Bujatti, Transeuropa, sia più facilmente sul web: www.transeuropaedizioni.it/leggi/20_Fornari.pdf